gennaio 21, 2012

Solcava i cieli dell’attuale Argentina sei milioni di anni fa: si tratta dell’Argentavis magnificens, il più grande uccello noto.

Solcava i cieli dell’attuale Argentina sei milioni di anni fa: si tratta dell’Argentavis magnificens, il più grande uccello noto.

Ora i ricercatori della Texas Tech University descrivono le caratteristiche del suo volo sulle pagine dei "Proceedings of the National Academy of Science".

Grazie alla sua apertura alare di sette metri, l’animale era un esperto del volo planato, ottenuto sfruttando al meglio le correnti ascensionali e spiccando il volo da punti molto elevati, così come fanno molti uccelli odierni.

"Ma una volta che si trovava su una corrente ascensionale, poteva probabilmente guadagnare uno o due chilometri di quota senza neanche un battito d’ali, ma semplicemente mantenendo una rotta circolare.


Una volta guadagnata quota, poteva passare a un’altra corrente ascensionale e percorre in questo modo fino a 300 chilometri al giorno. Ha spiegato Sankar Chatterjee, curatore della sezione di paleontologia del Museo del Texas Tech University e coordinatore della ricerca.

Dai ritrovamenti effettuati nella Formazione di Andalhuala, vicino a Catamarca, alle pendici delle Ande, nella Formazione di Epecuen nei pressi di Carhue, e nelle Salinas Grandes de Hidalgo, nella pampa argentina, risulta che molto probabilmente l’uccello non possedeva neppure la muscolatura in grado di sollevare la sua massa, stimata intorno ai 70 chilogrammi, né per mantenere un battito d’ali costante durante il volo.



Argentavis è il più grande uccello volatore scoperto finora; è il teratornite più antico (Miocene superiore, circa 6-8 milioni di anni fa) e uno dei pochissimi provenienti dal Sudamerica. I resti fossili attribuiti a questa specie includono parti del cranio, un omero incompleto e altre ossa delle ali. Stime riduttive indicano un’apertura alare di oltre 6 metri, ma ipotesi più probabili porterebbero queste dimensioni a 8 metri; il peso dell’animale potrebbe essersi attestato intorno agli 80 chilogrammi. Queste misure indicherebbero un animale in grado di rivaleggiare, in quanto a dimensioni, con i più grandi pterosauri.

Nonostante la loro enorme taglia, i teratorniti erano sicuramente capaci di volare. Impronte visibili di inserzioni di penne remiganti sulle ossa delle ali di Argentavis lasciano pochi dubbi in proposito. Questo fatto sfida la precedente teoria secondo la quale il massimo limite per gli uccelli volatori era rappresentato da forme odierne come cigni, albatros, condor e otarde.

Il peso delle ali di un animale come Argentavis doveva essere relativamente basso rispetto alla sua taglia, poco maggiore di quello di un tacchino (Campbell & Tonni, 1983). Con un vento considerevole, l’uccello poteva librarsi in volo semplicemente spiegando le sue ali, proprio come gli albatri odierni.

Sembra inoltre che il Sudamerica, durante il Miocene, fosse esposto a forti e durevoli correnti occidentali, dal momento che le Ande avevano appena iniziato a formarsi e non erano molto alte. Teratornis merriami era di dimensioni abbastanza ridotte da poter decollare tramite un semplice salto e pochi colpi d’ala. Quasi tutte le ossa delle dita erano fuse insieme, come in tutti gli uccelli, ma il dito indice si era evoluto in una struttura ampia; anche i condor possiedono una struttura simile.



Tradizionalmente i teratorniti sono stati descritti come grandi divoratori di carogne, molto simili a enormi condor, a causa di una notevole somiglianza con questi ultimi. I lunghi becchi ricurvi, però, sono molto più simili a quelli delle aquile e di altri uccelli predatori attivi, che a quelli degli avvoltoi. Molto probabilmente, i teratorniti inghiottivano le loro prede intere; si è calcolato che Argentavis avrebbe potuto tranquillamente inghiottire animali della taglia di una lepre tutti interi.

Sicuramente questi enormi uccelli erano anche saprofagi, ma sembra che il loro nutrimento si basasse sulla predazione attiva nella maggior parte dei casi (Campbell & Tonni, 1983). E’ interessante notare come i teratorniti possedessero zampe più robuste e lunghe di quelle degli avvoltoi del Vecchio Mondo; è quindi possibile che i teratorni tendessero agguati alle loro prede sul terreno, per poi alzarsi in volo solo dopo aver catturato la preda e depositarla su un altro terreno per nutrirsene o nei loro nidi. Cathartornis, in particolare, potrebbe essere stato adatto a uno stile di vita simile.


Argentavis potrebbe essere stato un’eccezione, in quanto il suo corpo massiccio sembrerebbe più adatto a una dieta a base di animali già uccisi da altri predatori. Dal momento che i teratorniti potevano non essere divoratori abituali di carogne, le loro teste erano probabilmente ricoperte di penne, diversamente da quelle degli avvoltoi odierni, che utilizzano le loro teste spoglie per penetrare meglio nelle viscere degli animali morti.

Come molti altri uccelli di grandi dimensioni, anche i teratorniti probabilmente deponevano solo uno o due uova. Dal raffronto con alcuni uccelli odierni, sembra possibile che il giovane teratornite fosse affidato alle cure dei genitori per più di sei mesi, e impiegasse diversi anni per raggiungere la piena maturità (forse fino a una dozzina in Argentavis, Palqvist & Vizcaíno, 2003).

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