aprile 13, 2009

La vetta del Cerro Torre è considerata fra le più inaccessibili del mondo.

Il Cerro Torre è una delle più spettacolari cime del Campo de Hielo Sur; è situato in una regione contesa fra Argentina e Cile, a ovest del Cerro Chaltén (o Fitz Roy).

La vetta del Cerro Torre è considerata fra le più inaccessibili del mondo perché, qualunque via si scelga, bisogna affrontare almeno 800 metri di parete granitica, per arrivare ad una cima perennemente ricoperta da un "fungo" di ghiaccio.

Inoltre le condizione climatiche e meteorologiche della regione sono particolarmente sfavorevoli.

Il Cerro Torre è una cima della Patagonia, rimasta inviolata per numerosi anni, non tanto per l’altezza, essendo di poco superiore ai 3.000 metri, ma per le condizioni climatiche che l’avvolgono.

Come il raggiungimento della sua cima è possibile solo approfittando del momento propizio, senza esitazioni, anche nella vita possiamo raggiungere mete difficili: basta cogliere l’attimo.
 
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Prima ascensione
Negli anni cinquanta vi furono diversi tentativi di salita al Cerro Torre. In particolare, nel 1958 due spedizioni italo-argentine tentarono la salita contemporaneamente ed in maniera indipendente tra di loro.

Una era guidata da Cesare Maestri, l'altra da Walter Bonatti e Carlo Mauri. Entrambe dovettero rinunciare all'impresa per motivi logistici. Nel 1959, Bonatti e Mauri avevano preventivato un secondo tentativo, ma abbandonarono prima ancora di partire quando seppero che un'altra spedizione italiana, sempre guidata da Maestri, era partita prima di loro.
La spedizione di Cesare Maestri comprendeva anche il ghiacciatore austriaco Toni Egger e Cesarino Fava. Maestri ed Egger partirono all'assalto della vetta, mentre Fava rimase al campo per supporto. Dopo una settimana Maestri fu ritrovato in stato confusionale, e raccontò a Cesarino Fava di aver raggiunto la vetta il 31 gennaio insieme ad Egger, che era poi caduto durante la discesa portando con sé la macchina fotografica e quindi le prove del successo.

La vicenda diede vita a numerose polemiche. Molte spedizioni tentarono di ripetere l'itinerario descritto da Maestri, ma senza riuscirvi; i resoconti riportavano da un lato notevoli discrepanze tra le descrizioni di Maestri e le caratteristiche effettivamente riscontrate sulle pareti, dall'altro la mancanza di tracce riscontrate del passaggio della prima spedizione.

Maestri tornò ad affrontare il Cerro Torre nel 1970 insieme ad Ezio Alimonta, Daniele Angeli, Claudio Baldessarri, Carlo Claus e Pietro Vidi. La cordata salì per una nuova via, lungo la parete Sud-Est, portando con sé un martello compressore, con il quale Maestri attrezzò circa 350 m di parete parete con chiodi ad espansione; Maestri giunse fino al termine della parete rocciosa, ma non salì il fungo di ghiaccio terminale della montagna; più tardi Maestri affermò che il fungo terminale "non fa veramente parte della montagna".

Durante la discesa Maestri, in un gesto di sfida, spaccò i chiodi piantati e lasciò appeso il compressore all'ultimo chiodo, cento metri sotto la cima. La via del compressore (detta anche via Maestri o Compressor road) fu ripercorsa nel 1979 dall'americano Jim Bridwell che riscontrò che i chiodi lasciati dalla spedizione del 1970 s'interrompono a 30 metri dalla cima, appunto sotto il fungo terminale.

Nel 2005 Ermanno Salvaterra, uno dei maggiori conoscitori del Torre e il primo a scalarlo d'inverno (nel luglio 1985), fino ad allora sostenitore di Maestri, ripercorse la via del '59 insieme a Rolando Garibotti e riuscì a raggiungere la cima. Non trovò tracce di un precedente passaggio e scoprì che la via segue un tragitto diverso da quello che per anni aveva descritto Maestri.
La prima ascensione indiscussa del Cerro Torre è quella compiuta il 13 gennaio 1974 da una spedizione del gruppo dei Ragni di Lecco; in quell'occasione giunsero in vetta Daniele Chiappa, Mario Conti, Casimiro Ferrari e Pino Negri.

Il Cerro Torre nella cultura

Il tentativo di scalare il Cerro Torre da parte di due famosi alpinisti è il soggetto del film Grido di pietra (Cerro Torre: Schrei aus Stein), girato nel 1991 dal celebre regista tedesco Werner Herzog e interpretato da Vittorio Mezzogiorno, Mathilda May e Brad Dourif.
Il mistero del Cerro Torre
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Se nel mondo e nella storia dell'alpinismo esiste un vero mito, non c'è alcun dubbio: è il Cerro Torre. A chi non la conosce, verrebbe la tentazione di raccontare che la montagna più famosa e leggendaria del Pianeta è in fondo solo una guglia di poco superiore ai tremila metri nel massiccio del Fitz Roy, un piccolo punto nero su mappe geografiche molto dettagliate.

Per tutti gli altri, invece, è solo l'urlo di pietra: un obelisco di puro granito e ghiaccio che si innalza verticale per più di due chilometri da terra, un vero e proprio missile puntato contro il cielo. A vederlo, semplicemente inaccessibile. Una montagna tremenda, del tutto verticale: pareti infinite di granito ricoperto di ghiaccio, in una delle zone più tempestose del mondo. Si calcola che al Cerro Torre il maltempo colpisca per oltre trecento giorni all'anno di media, spesso con tempeste inaspettate, violentissime, che portano valanghe di neve e ghiaccio e venti da uragano. Siamo in fondo alla Patagonia, le temperature possono raggiungere rapidamente i trenta gradi sotto zero: gli abitanti locali dicono che ogni giorno si alternano quattro stagioni in poche ore.

Negli anni '50 il Cerro Torre era già ritenuto la montagna più difficile del mondo, da molti addirittura impossibile a salirsi by fair means, con mezzi leali. Nel 1959 Cesare Maestri, un grande campione italiano che vantava già parecchie imprese sulle nostre Alpi, affrontò l'inviolata montagna impossibile con il forte ghiacciatore austriaco Toni Egger ed il supporto di Cesarino Fava. Il resto della storia è ormai leggenda.

Cesare Maestri e Cesarino Fava
Dopo una settimana dall'inizio dell'ascensione, Maestri venne ritrovato in stato confusionale ai piedi della montagna. L'alpinista raccontò a Cesarino Fava, giunto in soccorso, di aver raggiunto la vetta il 31 gennaio con Egger e di come il suo sfortunato compagno fosse precipitato durante la discesa, trascinando con sé la macchina fotografica con la prova della salita. Il corpo di Egger venne peraltro recuperato molti anni dopo, ma della macchina fotografica nessuna traccia.
Nel frattempo, comunque, la riuscita o meno dell'impresa divenne il centro di accese polemiche in tutto il mondo alpinistico, messo a soqquadro dalla notizia dell'ascensione.
Negli anni seguenti alla presunta vittoria di Maestri numerosi altri tentativi andarono ripetutamente a vuoto. Il Cerro Torre continuava a rimanere inaccessibile da ogni versante, perennemente circondato dalle nebbie, battuto dagli elementi più ostili, avvolto dalla leggenda che ormai gli aleggiava intorno. Il suo famoso fungo di ghiaccio, un ghiacciaio pensile che ne riveste la vetta, sembrava allontanarsi nuovamente sempre più dai sogni degli alpinisti.

Alle soglie degli anni '70, Carlo Mauri, un altro grande campione italiano che era stato a sua volta in corsa per la vittoria al Torre, bollò la montagna come definitivamente impossibile a salirsi. Ovviamente il messaggio implicito che Mauri lanciava ai Media era che Maestri, suo grande rivale, aveva mentito. Di fatto Mauri si schierò apertamente con coloro che non credevano a Maestri.

Cesare Maestri sul Cerro Torre
Maestri allora tornò, nel 1970, probabilmente più per la pressione e l'orgoglio ferito che per volontà sportiva vera e propria, e portò con sé un grosso martello compressore del peso di un quintale. C
Con l'aiuto di due compagni, per una nuova via di salita, trascinò il compressore fin sotto il fungo di ghiaccio, lo utilizzò per piantare qualche manciata di chiodi a pressione in un punto completamente privo di appigli, arrivò una trentina di metri sotto alla vetta e sulla via di discesa spezzò tutti i chiodi, chiudendo così l'accesso alla sommità e lasciando il compressore appeso per sempre all'ultimo chiodo, cento metri più sotto: un gesto palesemente sprezzante e polemico.

Al ritorno dichiarò in segno di sfida di avere nuovamente vinto il Torre: il fatto però di non avere salito il fungo di ghiaccio finale, e di non essere quindi stato sulla vetta vera e propria, non fece altre che arroventare gli animi dei suoi avversari. Maestri venne questa volta accusato di non aver vinto con mezzi leali ed anzi, di non avere vinto affatto. Non solo: nessuno riuscì a spiegarsi perché Maestri avesse voluto sfidare i suoi denigratori salendo per una via nuova, piuttosto che ripetere quella contestata del '59, né lui fu mai chiaro in proposito.

Gli americani, che con Jim Bridwell riuscirono qualche anno dopo a ripercorrere la cosiddetta "Via del Compressore" di Maestri, senza fare uso della tecnologia usata dall'alpinista trentino e arrivando per contro fino in vetta, accreditano a tutt'oggi la prima ascensione ufficiale del Cerro Torre al lecchese Casimiro Ferrari ed alla sua spedizione, che nel 1974 ne raggiunsero la cima attraverso un nuovo itinerario che sale dal versante ovest. Del resto, non a caso alcuni giornali di allora titolarono "Il Cerro Torre è stato finalmente vinto".

Sebbene oggi il Cerro Torre sia stato salito anche in tempi record ed in tutte le stagioni, e gli alpinisti che ne hanno calpestato siano ormai un certo numero, la famosa via Maestri del '59 non è mai più stata ripetuta, al contrario della Via del Compressore che ormai conta moltissime ripetizioni, tutte fino in vetta. Ci si sono accaniti in parecchi su quella muraglia impossibile, ma nonostante siano passati più di quarant'anni, il Cerro Torre sia stato salito da tutti i versanti e la tecnologia abbia fatto passi da gigante, la via del '59 ha continuato a resistere a tutti gli attacchi. Non solo: chi ci ha provato, per quanto sia salito, poche centinaia di metri più su della base non ha più trovato traccia del passaggio di Maestri ed Egger, alimentando così il mistero.

Maestri, per parte sua, non ha mai ritrattato la propria versione dei fatti, ma la fila delle persone non più disposte a credergli si è allungata sempre più. Un nome per tutti: Reinhold Messner, che in tempi recenti ha bollato la storia di Maestri come pura fantasia.
Il fatto è che solo lo stesso Maestri ha la verità su questa vicenda e del resto il mondo alpinistico è tradizionalmente, da sempre, molto conservatore in questo senso. Dice Maestri: se mettete in dubbio la mia verità dovete mettere in dubbio tutte le imprese compiute dagli alpinisti solitari, a partire da quelle compiute dallo stesso Messner.

Ermanno Salvaterra sul Cerro Torre
Nel 2005 Ermanno Salvaterra, un altro fortissimo scalatore trentino che ha già salito il Cerro Torre numerose volte e che è probabilmente la persona al mondo che meglio conosce la montagna, decide di ritentare nuovamente la via di Maestri del '59 con lo scopo (anche) di dimostrare una volta per tutta la veridicità dell'impresa: Salvaterra, da sempre, è uno di coloro che a Maestri credono.

Con due compagni riesce infine a vincere la famosa parete, compiendo un'impresa che a questo punto può comunque definirsi storica. Salvaterra & c. sbucano dunque in vetta dopo aver seguito in buona parte quella che dovrebbe essere la contestatissima via di salita della presunta prima ascensione: una via che ai loro occhi "moderni" appare di difficoltà estrema. Non solo lungo la via non trovano alcuna traccia del passaggio di Maestri, ma devono pure arrendersi all'evidenza che la via descritta dallo stesso Maestri, semplicemente, non esiste: il tracciato e il terreno non corrispondono affatto a quanto raccontato per oltre quarant'anni dal grande Cesare e le contraddizioni fra quanto riportato nel resoconto originale del '59 e ciò che Salvaterra e compagni trovano non si contano.

Mistero dunque risolto? Maestri ha davvero inesorabilmente mentito, compromettendo così la sua grandissima fama? Secondo uno sconfortato Salvaterra, sì. Secondo altri no. La polemica continua. E il Cerro Torre continua ad essere la montagna delle montagne.
Oggi Salvaterra non crede più a Maestri e lo scontro con l'ormai settantenne Maestri è arrivato addirittura davanti agli avvocati. Salvaterra, peraltro, è tutt'altro che solo. Nel 2004 il forte alpinista argentino Rolando Garibotti, che proprio insieme a Salvaterra ha compiuto la salita del 2005, ha pubblicato sull'American Alpine Journal un lungo e documentato articolo-indagine mirato a smontare definitivamente la verità di Maestri e riportando alla ribalta l'annosa vicenda.



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