Il suo ultimo viaggio in Patagonia fu nel 1912, sette anni prima della sua morte, quando accompagnò Theodore Roosevelt, su sua speciale richiesta, nella regione di Nahuel Huapi. Francisco Pascasio Moreno morì nelle prime ore del 22 novembre 1919. La sua morte passò inosservata nel Paese. Ma all'estero sono numerosi i Paesi e le istituzioni che gli rendono omaggio, perché Moreno è un vero esponente delle migliori virtù della razza, indipendentemente dal suo status di argentino. Nel 1944 i suoi resti furono trasferiti a Bariloche, coperti con la bandiera argentina e i poncho di Sayhueque, Catriel e Pincén, e collocati sull'isola Centinela, trasformando l'imponente scenario del suo massimo splendore in un degno monumento alla sua grandezza. Niente lo avrebbe soddisfatto di più che riposare nelle terre per le quali aveva combattuto instancabilmente durante la sua vita, senza aspettarsi alcun beneficio personale. Moreno fu un umanista autodidatta, un civilizzatore, un esploratore, un geografo, un antropologo, un etnografo, un paleontologo, uno storico, un sociologo, un diplomatico, un legislatore, un educatore, uno scrittore e un poeta della natura e, soprattutto, un essere umano che lottò fino alla fine della sua vita per gli ideali della sua giovinezza. Moreno è considerato un eroe civile del nostro Paese. Ciò è particolarmente degno di nota in una nazione in cui la maggior parte degli uomini illustri della storia sono stati militari o hanno agito come tali, e dove i civili più illustri hanno partecipato in misura maggiore o minore alle lotte politiche del loro tempo, lotte che in molti casi sono continuate fino ai giorni nostri. La vita di Francisco Pascasio Moreno è stata una lotta continua. Negli accampamenti, nei parlamenti indiani, nelle spedizioni via terra e via mare, in prigionia, Moreno dimostrò il suo coraggio e la sua enorme comprensione della condizione umana. Fu lui, l'esploratore, il pioniere, lo scienziato che osò cancellare i confini tra civiltà e barbarie. (*)
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